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Fiaba : Il monte degli elfi — Mondo Bimbo
19 marzo 2024

Fiaba : Il monte degli elfi

“Non datevi arie adesso!” rispose il vecchio “o finirete per sembrare immaturi.” E entrarono nel monte degli elfi dove si trovava una compagnia molto distinta, che si era riunita in fretta come fosse stato il vento a soffiarla là. Per ognuno era stato apparecchiato con molto buon gusto. La gente di mare sedeva in grandi vasche d’acqua e sosteneva di sentirsi come a casa propria Tutti erano molto ben educati, eccetto i due giovani troll norvegesi, che avevano appoggiato le gambe sul tavolo e credevano di poter fare qualunque cosa. “Giù le gambe dal tavolo!” gridò il vecchio troll, e i figli gli obbedirono, ma solo dopo qualche tempo. Fecero poi il solletico alla loro vicina di tavolo con delle pigne d’abete che avevano in tasca, e si tolsero gli stivali per sentirsi più comodi dandoli in custodia alle donne. Il padre invece, il vecchio troll era tutta un’altra cosa; raccontava così bene delle fiere montagne della Norvegia, delle cascate che precipitano bianche di schiuma, risuonando come un organo o come un tuono. Raccontava del salmone che risale la corrente, quando l’ondina suona la sua arpa d’oro, delle luminose notti invernali durante le quali le sonagliere risuonano e i ragazzi corrono con le torce accese sul ghiaccio tanto trasparente che i pesci sotto di loro si spaventano. Sì, sapeva proprio raccontare! Tanto che la gente che ascoltava vedeva e sentiva le cose di cui lui parlava: le segherie sembravano funzionare davvero, i ragazzi e le ragazze cantare le canzoni e danzare i balli popolari tipici della valle di Halling. A un tratto il vecchio troll diede un grosso e casto bacio alla governante degli elfi; un bacio molto fraterno, ma bisogna pensare che non sono neppure lontani parenti! Le ragazze del monte degli elfi cominciarono a danzare, sia nel solito modo che battendo un piede, e questo genere di danza si addiceva molto alle ballerine. Infine ci fu una “danza artistica”, in cui ogni ballerino si esibisce in un assolo fuori dalle file. Accidenti! Come sapevano tendere le gambe, non si distingueva più la fine e il principio; non si capiva quali fossero le braccia e quali le gambe, si mescolavano come trucioli di serratura e ruotavano per la stanza tanto che il cavallo degli Inferi stette male e se ne andò fuori. “Brr!” esclamò il vecchio troll “quante gambe! Ma che cosa sanno fare oltre danzare, tendere le gambe e fare le giravolte?” “Adesso lo saprai!” rispose il re degli elfi, e chiamò la più giovane delle sue figlie; era così magra, e trasparente come il chiaro di luna, era la più raffinata tra le sorelle; mise in bocca uno stecchino bianco e immediatamente scomparve: questa era la sua specialità. Il vecchio troll disse di non apprezzare una moglie che sapesse fare quella magia, e lo stesso senza dubbio pensavano i suoi figli. La seconda sapeva camminare di fianco a se stessa come se avesse avuto l’ombra, cosa che gli spiriti non hanno. La terza era di un altro genere, aveva imparato alla birreria della donna della palude e sapeva lardellare i tronchi di ontano con le lucciole. “Questa diventerà un’ottima donna di casa!” commentò il vecchio troll e brindò strizzando l’occhio, dato che non voleva bere troppo. Poi giunse la quarta figlia con una grande arpa d’oro su cui cominciò a suonare, ma non appena ebbe toccato la prima corda tutti sollevarono la gamba sinistra, dato che gli spiriti sono mancini, e quando vibrò la seconda corda tutti dovettero fare quello che voleva lei. “Questa è una moglie pericolosa!” disse il vecchio troll, e i suoi due ragazzi uscirono dal monte perché si erano annoiati. “Cosa sa fare la prossima?” chiese il troll. “Io ho imparato a amare i norvegesi” esclamò lei “e non mi sposerò se non andrò a abitare in Norvegia!” Ma la sorella più piccola sussurrò al vecchio troll: “Dice così solo perché ha sentito in una canzone norvegese che, quando il mondo finirà le rocce norvegesi resteranno come monumenti del passato: è per questo che vuole andare lassù, perché ha tanta paura di morire”. “Ah! ah!” rispose il vecchio troll “tranquillizzati! E cosa sa fare la settima e ultima fanciulla?” “Prima c’è la sesta” gli disse il re degli elfi, che sapeva contare; ma la sesta non volle presentarsi. “Io so solamente dire la verità alla gente” rispose “di me non importa a nessuno, e sono già abbastanza impegnata a cucirmi la camicia per la bara!” Poi arrivò la settima e ultima figlia, che cosa sapeva fare? Sapeva raccontare delle storie, tante quante ne voleva. “Qui vedi le mie cinque dita” le disse il vecchio troll. “Raccontami una storia per ognuno.” La figlia del re lo afferrò per il polso e lo fece ridere finché gli venne il singhiozzo. Quando poi arrivò all’anulare, che aveva un anello dorato in vita come se già sapesse che ci sarebbe stato un fidanzamento, il vecchio troll esclamò: “Tieni ben stretto ciò che hai, la mano è tua. Io ti voglio prendere in moglie”. La fanciulla rispose che mancavano ancora le storie dell’anulare e del mignolo! “Le sentiremo quest’inverno” rispose il vecchio troll “e ci racconterai la storia dell’abete, della betulla, dei regali delle ninfee e del gelo che scricchiola! Vedrai quanto dovrai raccontare, perché nessuno lo sa fare bene lassù. Ci siederemo nella nostra stanza di pietra dove arde la legna, berremo l’idromele dai corni d’oro degli antichi re norvegesi, l’ondina me ne ha regalato qualcuno! Mentre saremo là seduti verrà a trovarci il folletto contadino, che canterà tutte le canzoni delle pastorelle di montagna. Sarà molto divertente! Il salmone salterà sulla cascata proprio contro il muro di pietra di casa nostra, ma non riuscirà a entrare! Vedrai come si sta bene nella vecchia e cara Norvegia! Ma dove sono finiti i miei ragazzi?” Già, dov’erano finiti i due ragazzi? Correvano nei campi e spegnevano tutti i fuochi fatui, che stavano arrivando con calma per fare la fiaccolata. “C’è bisogno di gironzolare così?” esclamò il vecchio troll “io ho trovato una madre per voi, ora voi potete prendervi una delle zie!” Ma i ragazzi dissero che avrebbero preferito tenere un discorso o brindare all’amicizia, mentre di sposarsi non avevano alcuna intenzione. Perciò tennero un discorso, brindarono all’amicizia, e rovesciarono il bicchiere per dimostrare che avevano bevuto fino in fondo; poi si tolsero i vestiti e si stesero sul tavolo per dormire, dato che erano un po’ sfacciati. Il vecchio troll danzò per la stanza con la sua giovane sposa; poi si scambiarono gli stivali, il che è più fine che scambiarsi gli anelli. “Ora canta il gallo!” esclamò la vecchia governante, che badava alla casa. “Bisogna chiudere le persiane delle finestre per evitare che il sole ci arrostisca!” E così il monte si richiuse. Fuori le lucertole correvano su e giù dall’albero spaccato e una disse all’altra: “Oh, come mi piace il vecchio troll norvegese!” “A me piacciono di più i ragazzi!” replicò il lombrico, ma lui non ci vedeva, poveretto!”

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