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La fiaba di Aladdin — Mondo Bimbo
26 aprile 2024

La fiaba di Aladdin

disegno aladdin fiaba

C’era una volta, in un antico regno d’Oriente la povera vedova di un
sarto, Mustafà, che aveva un figlio unico, Aladino.

Il ragazzo non aveva  nessuna voglia di riprendere il lavoro di suo padre e preferiva giocare tutto il giorno con altri ragazzi ed andare in giro.

La madre faceva di  tanto in tanto qualche aggiustatura ed era
disperata per il comportamento del figlio.

Un giorno, mentre Aladino stava giocando nella piazza con alcuni suoi coetanei arrivò un uomo strano, proveniente da lontano, da certe zone dell’Africa: era Jafar, un mago, ma Aladino questo
non lo poteva sapere. L’uomo gli si avvicinò e gli disse:

” Tu sei il figlio di Mustafà, il sarto, vero?
Io sono tuo zio, e tanti anni fa sono partito per commerciare. Ora sono
tornato, sono ricco e voglio prendermi cura di te e di tua
madre.”

In realtà Jafar non era lo zio di Aladino, ma per fare certe sue magie aveva bisogno di un ragazzo giovane
come Aladino.

In ogni caso, andò a casa di Aladino con soldi e doni, e anche la madre ne fu  conquistata, anche se
con qualche dubbio:

“Mio marito non mi aveva mai detto di avere un
fratello!”

Jafar si offrì di far studiare Aladino e poi di farlo lavorare
con lui, e per  la madre questa poteva essere una buona soluzione.

Passò qualche tempo ed Aladino era diventato più operoso ed in
gamba. Un giorno Jafar si offrì di portare Aladino a fare una
passeggiata fuori città. Aladino ci andò volentieri.

Percorsero un tratto di deserto, poi un pezzo di foresta ed infine arrivarono presso una caverna che si estendeva sotto terra. A quel punto Jafar disse:

“Ascoltami, Aladino, devo chiederti un piacere. Tu andrai nella
caverna, troverai un cunicolo e poi una prima stanza, dove ci
sono dei vasi pieni di oro e argento: tu non toccare niente, mi
raccomando, poi arriverai in una seconda stanza, dove ci sono gioielli
dappertutto: non toccare sempre niente e vai avanti; arriverai nella terza
sala, dove ci sono diamanti e pietre preziose: tu non devi sempre toccare
niente e devi avvicinarti solo ad un angolo, dove troverai una lampada,
prendila e portamela su.”

Aladino fece come gli era stato ordinato, senza capire perché lo “zio”
volesse  quella lampada vecchia piuttosto che tutte le ricchezze che
c’erano in  quelle grotte. Alla fine si riavvicinò all’uscita con in mano la
lampada.

“Dammi la lampada,” disse Jafar, “e io poi ti farò uscire! ”
“No, ” rispose Aladino, “prima mi aiuti ad uscire e poi ti
darò la lampada.”

Cominciava a sentire qualcosa che non andava. Infatti Jafar voleva prendersi la lampada e lasciare il povero Aladino nella grotta.

Cercò di afferrare
la lampada ma Aladino capì di colpo le sue intenzioni
e non gliela lasciò prendere: a quel punto lì Jafar spinse Aladino nella caverna, senza riuscire a recuperare la lampada.

Il povero Aladino si disperò: non sapeva davvero come uscire, anche perché Jafar mise una pietra sull’uscita della caverna: contava di farlo morire e poi tornare con calma a riprendersi la lampada.

Aladino guardò meglio la lampada: era proprio sporca! Provò a pulirla,
e di colpo da dentro la lampada uscì fuori un genio, enorme.

Aladino era terrorizzato, ma il genio gli disse:

” Tu sei il mio padrone, io sono tuo schiavo: ordina
qualunque cosa ed io ti obbedirò! “

Aladino gli chiese di essere portato fuori. Il genio obbedì e lo riportò a casa, dove poté riabbracciare la madre. Il genio disse che ormai era il suo schiavo e non l’avrebbe abbandonato.

Così Aladino e la madre poterono migliorare la
loro vita. Passò qualche tempo: un giorno, mentre Aladino stava
vendendo delle stoffe bellissime passò un servitore del re, dicendo
che tutti dovevano rientrare nelle case perché stava per uscire la
principessa.

Aladino volle rimanere di nascosto a vedere la principessa,
Jasmine, ed era così bella che non poté non innamorarsene.

Chiese al genio di aiutarlo ad entrare nel palazzo per poterla
rivedere. Il genio lo accontentò;

Jasmine si innamorò subito di questo giovane così
audace e diverso che aveva osato entrare nelle sue stanze.

Aladino andò altre due volte da Jasmine, sempre con l’aiuto del
genio: la terza volta però fu sorpreso dalle guardie del re:

“Sire, io amo vostra figlia: permettetemi di sposarla.” Il re disse: “Ti farò sposare mia figlia soltanto se costruirai in tre giorni un palazzo tutto d’oro e di pietre preziose, altrimenti morirai per la tua audacia!”

Aladino chiese aiuto al genio: il palazzo fu ultimato e il re gli concesse la mano di Jasmine. Nella città ci furono festeggiamenti per il fidanzamento.

Ma purtroppo una vecchia conoscenza di Aladino stava arrivando: Jafar, certo ormai che fosse morto, era venuto a riprendersi la lampada. Ma quando vide cosa era successo, capì che Aladino era salvo e la lampada era in mano sua.

Si travestì da mendicante e si avvicinò al castello di Aladino. Ci lavorava tra gli altri una serva parecchio stupida, a cui il mendicante finto chiese se aveva degli oggetti brutti e vecchi da dargli.

La donna gli diede la lampada.

A quel punto Jafar poté impossessarsi del genio e gli ordinò di
portare il palazzo di Aladino, dentro cui c’era anche Jasmine, il più
lontano possibile, nel deserto africano. Aladino era disperato, anche
perché il re disse che l’avrebbe condannato a morte.

Iniziò a fare delle ricerche, ma senza risultato. Jafar invece si sentiva potente come non mai.

Ma non aveva fatto i conti senza una scimmietta
dispettosa, che un giorno non vista entrò nella sua casa e rubò
la lampada.

Aladino aveva sempre, sin dai tempi
in cui era un ragazzo di strada, amato gli animali: e la scimmietta lo conosceva, perché quando si incontravano lui le regalava sempre delle noccioline da mangiare.

Immaginatevi la sua sorpresa quando la
scimmietta gli portò la lampada: poté chiedere al genio di andare dove c’era il castello e la sua principessa e riportarli a casa.

Jafar quando vide che tutti i suoi tentativi erano andati vani, si arrabbiò al punto che svanì in una nuvola di fumo.

Aladino e Jasmine diventarono poi il re e la regina di quella terra, e vissero felici e contenti, con il Genio, che protesse loro, i loro figli e i loro nipoti.



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